TRIBUNALE DI ENNA 
           Ufficio del Giudice per le indagini preliminari 
 
    Il  giudice,  dott.  Calogero  Commandatore,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza, nel procedimento nei confronti di: Vasco Carmelo,
nato a Enna il 7 giugno  1953,  difeso  di  fiducia  dall'avv.  Mario
Consentino, sottoposto a indagini preliminari per il  reato  previsto
dall'art. 323 c.p., in piazza Armerina dal mese di aprile  2010  fino
al 9 ottobre 2012;  persona  offesa:  Catalano  Vittoria,  difesa  di
fiducia dall'avv. Mauro Di Carlo. 
 
                              F a t t o 
 
    La dott.ssa Catalano Vittoria, con denuncia querela del 9 ottobre
2012, premetteva di essere dirigente medico a tempo indeterminato  in
servizio presso l'ospedale di  piazza  Armerina  e  di  avere  subito
plurime e  reiterate  vessazioni  da  parte  del  direttore  dell'UOC
(Unita' operativa complessa) di cardiologia di Enna. 
    In particolare, la persona offesa lamentava la  violazione  della
disciplina dei contratti  collettivi  nazionali  in  tema  di  ferie,
turni, ordini di servizio, carichi ed orari di lavoro. 
    Correttamente la Procura  della  Repubblica  di  Enna,  avanzando
richiesta di archiviazione, sul punto, non  disconosceva  l'esistenza
delle  condotte  descritte  dalla  persona  offesa,  ma   evidenziava
l'irrilevanza della violazione  delle  norme  contenute  in  seno  ai
contratti  collettivi  ai  fini  della  configurabilita'  del   reato
previsto dall'art. 323 c.p. (Cass. n. 5026/2008). 
    L'opponente replicava che per giurisprudenza costante del giudice
di legittimita' il reato previsto dall'art. 323 c.p. e  il  requisito
di violazione di norme di legge ivi contemplato puo' essere integrato
anche  dalla  sola  inosservanza  del  principio  costituzionale   di
imparzialita' della pubblica amministrazione. 
    In altre parole, secondo l'opponente, la reiterata violazione dei
contratti collettivi nazionali in danno  di  un  pubblico  dipendente
integrerebbe la violazione di una specifica norma  di'  legge,  ossia
dell'art. 97 Cost. 
 
                            D i r i t t o 
 
    La  giurisprudenza  del  giudice  di  legittimita'  ha  da  tempo
adottato  un'interpretazione  dell'art.  323  c.p.  secondo  cui  «il
requisito della violazione  di  legge  puo'  consistere  anche  nella
inosservanza  dell'art.  97  Cost.,  la  cui   parte   immediatamente
precettiva impone ad ogni pubblico funzionario, nell'esercizio  delle
sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce  per
compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi, ovvero
per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e  procurare
ingiusti danni» (Cass. n. 37373/2014 e in  senso  conforme  Cass.  n.
38357/2014, Cass.  n.  36125/2014,  Cass.  n.  34086/2013,  Cass.  n.
12370/2013, Cass.  n.  41215/2012,  Cass.  n.  27453/2011,  Cass.  n.
25180/12,  Cass.  n.  27453/2011,  Cass.  n.  13097/2009,  Cass.   n.
35048/2008, Cass. n. 31895/2002 contra isolate e risalenti  pronunce,
segnatamente, Cass. n.  22072/2007,  Cass.  12769/2005,  e  Cass.  n.
35108/2003). 
    Tale   interpretazione   costituisce   un   orientamento    ormai
consolidato della giurisprudenza  della  Suprema  Corte  -  tanto  da
potersi  ragionevolmente  qualificare  come  diritto  vivente  (Corte
costituzionale 12 luglio  2013,  n.  191)  -  che  consente  di  dare
rilevanza alla violazione non solo di norme giuridiche  contenute  in
leggi  e  regolamenti  ma  anche   di   quelle   previste   in   atti
amministrativi,  circolari,  contratti   collettivi   e   addirittura
discendenti da prassi amministrative (cfr. Cass. n. 12370/2013). 
    Di  converso,  gia'  autorevole  dottrina  ha  evidenziato   come
l'inclusione dei principi di imparzialita' e buon  andamento  tra  le
violazioni di legge rilevanti per  integrare  l'abuso  d'ufficio  sia
contrario alle intenzioni della novella  del  1997  poiche',  in  tal
modo, la fattispecie incriminatrice riacquisterebbe  quella  vaghezza
ed elasticita' che la riforma aveva inteso superare - in armonia  con
l'art. 25 Cost. - escludendo la rilevanza  penale  delle  ipotesi  di
eccesso o sviamento di potere. 
    Tale impostazione della dottrina appare confortata dalla sentenza
del 28 dicembre 1998, n. 447, della Corte costituzionale. 
    Sulla base di tali premesse emerge la rilevanza  della  questione
di  legittimita'  costituzionale  nel   presente   giudizio   poiche'
l'inclusione dell'art. 97 Cost. e dei  principi  di  imparzialita'  e
buon andamento  ivi  contemplati  tra  le  norme  di  legge  previste
dall'art. 323 c.p. assume, specialmente  nella  fase  delle  indagini
preliminari e nel presente giudizio teso  a  vagliare  la  fondatezza
della notizia di reato, rilevanza dirimente per l'accoglimento  o  il
rigetto dell'opposizione all'archiviazione presentata  dalla  Procura
della Repubblica di Enna. 
    In ordine alla non manifesta  infondatezza  deve  rilevarsi  come
l'interpretazione dell'art. 323 c.p. ormai costantemente adottata dal
giudice di legittimita' appaia in contrasto con l'art. 25 Cost. sotto
il profilo della necessaria determinatezza delle  fattispecie  penali
cosi'  come  previsto  dalla  sentenza  del   giudice   delle   leggi
sopraricordata (Corte costituzionale n. 447/1998). 
    Inoltre,  come  gia'  evidenziato  in  precedenti  ordinanze   di
remissione alla Corte costituzionale, l'insufficiente  determinazione
della predetta fattispecie incriminatrice puo' comportare il  rischio
di  interferenze  tra  la  giurisdizione   e   l'amministrazione   in
violazione degli stessi principi contemplati dall'art. 97 Cost.